30 maggio 2006

Sono solo professori

Alla fine i delegati della National Association of Teachers in Further and Higher Education (Natfhe), riuniti nella conferenza annuale a Blackpool, hanno approvato di stretta misura (qui da noi si direbbe che il più grande sindacato dei docenti universitari inglesi è spaccato in due), la proposta di boicottare i ricercatori e le istituzioni accademiche israeliane che non si dissociano pubblicamente dalle "politiche segregazioniste" di Israele, come "la costruzione del muro di esclusione" e "le pratiche educative discriminatorie".
La presentazione della mozione aveva provocato reazioni critiche in tutto il mondo, compresa una petizione firmata da più di 5mila accademici, ma era stata accolta con favore dai gruppi di pressione filopalestinesi. Tra i contrari, lo stesso segretario nazionale del sindacato, Paul Mackney, che non ha avuto da eccepire sul contenuto, ma ha contestato il grado di legittimazione del documento, discusso solo da un paio di settori della Natfhe.
Per avere un'idea del clima di Blackpool, basta dare un'occhiata a un'altra mozione - che qualcuno ha provato timidamente a emendare - in cui si chiede alla conferenza di "prendere atto della vittoria di Hamas alle recenti elezioni per l'Autorità palestinese" e di condannare "i resoconti isterici della maggior parte dei mezzi di comunicazione inglesi, nonché l'offensivo pregiudizio mostrato dalle dichiarazioni ufficiali del governo britannico contro il risultato di un processo democratico".
Di boicotaggio accademico contro Israele si cominciò a parlare, in Gran Bretagna, nel 2002, quando Stephen Rose, biologo della Open University, scrisse al Guardian proponendo una moratoria dei fondi europei per le istituzioni di ricerca israeliane. La campagna fece proseliti a Eastbourne, nella conferenza dell'anno scorso della Association of University Teachers, dove i delegati votarono il boicottaggio delle università di Bar-Ilan e Haifa, colpevoli di "complicità" con il governo israeliano.

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