26 febbraio 2008

La faccia feroce


In campagna elettorale tornano puntuali gli slogan sull’insicurezza dei cittadini e sulla scarsa severità del sistema penale. Nel 1997 Tony Blair portò al successo i laburisti promettendo che il suo governo sarebbe stato “duro con la criminalità e duro con le cause della criminalità”, ricalcando iniziative avviate qualche anno prima soprattutto negli Stati Uniti, come le “three-strikes laws”, norme che ispirandosi al regolamento del baseball inaspriscono le pene per recidivi e delinquenti abituali. Misure di questo tipo sono invocate anche in Europa, soprattutto all’indomani di eclatanti episodi di cronaca nera. Ma il modello matematico elaborato da un'economista di Harvard* dimostra che gli intuitivi effetti positivi di leggi del genere possono essere vanificati da costi sociali ed economici elevatissimi.
Il paper di Radha Iyengar analizza il sistema della California, il più severo e controverso tra quelli adottati negli Usa, varato nel 1994 e approvato a larghissima maggioranza da un referendum popolare confermativo. Il meccanismo sbarra la strada alle sanzioni alternative al carcere e prevede aumenti di pena più che proporzionali per i pregiudicati che finiscono in tribunale per una seconda o una terza volta. A farlo scattare sono non solo l’omicidio o la violenza sessuale (che la legge classifica come “reati violenti”), ma anche la rapina e il furto nelle abitazioni (rubricati come “reati gravi”). L’inasprimento della pena è ovviamente commisurato alla gravità delle violazioni, con un’ampia discrezionalità attribuita al giudice e al rappresentante della pubblica accusa. Il paper utilizza un campione di individui arrestati dal 1990 al 1999 (dunque prima e dopo l’adozione della legge) in tre grandi città (Los Angeles, San Francisco e San Diego), ponderato in modo da minimizzare l’effetto distorsivo di dati relativi a età, genere, razza e condizione lavorativa.
L’effetto positivo sul numero di reati non è sorprendente. Iyengar ha calcolato che la propensione a commettere un reato si sia ridotta del 20 per cento tra i pregiudicati idonei al “secondo strike” e del 28 per cento tra quelli idonei al terzo. Ma a quale prezzo? Innanzitutto, l’aumento più che proporzionale della pena prevista si è tradotto in 231mila reati violenti in più l’anno: tra i pregiudicati potenzialmente idonei al terzo strike, la probabilità di commettere un reato grave è cresciuta del 9 per cento. A questo vanno aggiunti i costi economici: danni per 193 milioni di dollari l’anno e costi operativi di gestione (polizia, tribunali, carceri) per mezzo miliardo di dollari l’anno.
La seconda conseguenza “non voluta” del sistema (che può servire da specchio alla cooperazione in campo penale tra i paesi membri dell’Unione europea) è lo spostamento dei criminali dalla California, che ha il sistema più severo, agli stati con pene più leggere: in cinque anni 50mila persone hanno varcato il confine per commettere reati altrove. Così, una misura politicamente di successo per chi l’ha adottata si è trasformata in un costo sociale per gli altri stati e per il sistema federale.


* Radha Iyengar, I'd rather be Hanged for a Sheep than a Lamb: The Unintended Consequences of 'Three-Strikes' Laws, National Bureau of Economic Research, Working Paper 13784

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