02 giugno 2006

L’italiano non è l’italiano. È il ragionare

“So bene che esiste il linguaggio burocratico, ma dovete fare lo sforzo di esprimervi nel linguaggio di tutti i giorni. Su questo sarò fermo. Nelle riunioni internazionali dovrò ora usare l’italiano per un obbligo istituzionale, ma finora raramente ho parlato in italiano nelle sedi internazionali. Mi interessava che gli altri mi capissero, e poiché mi fidavo di più del mio francese o del mio inglese che della traduzione simultanea, usavo la lingua dell’interlocutore. Voi
dovete fare la stessa cosa con me. Mi pare che non ci siate sempre abituati, perché ho già letto alcune cose che mi avete scritto. Per me, spesso, si tratta di testi incomprensibili, troppo lunghi, gergali, testi in cui la cosa essenziale è nascosta da qualche parte quasi da farla passare inosservata. Se imparate a cambiare il linguaggio nel rivolgervi a me sarà utilissimo anche a voi, poiché di tutti i linguaggi il più ricco è quello comune. Il linguaggio tecnico è sempre più rozzo, richiede una conoscenza meno profonda della cosa trattata, anche se spesso pretende il contrario. Quindi: parlate e scrivete il linguaggio comune, nel quale le parole vogliono dire quello che c’è scritto sul dizionario, non quello che il gergo della burocrazia ha sviluppato. Scusate se sono così esplicito”.
Incontro con i dirigenti del ministero dell’Economia e delle Finanze - Discorso del ministro Tommaso Padoa-Schioppa - Roma, 22 maggio 2006

1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

sì ho capito, ha ragione.
ma poi che fa: continua a farci pagare il cuneo fiscale? no grazie.

4:29 PM CEST  

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