01 novembre 2008

Rottamazioni annunciate

(Questa lettera è apparsa nel Riformista del 30 ottobre)
Chicco Testa ha fatto ieri l'elogio della morigeratezza come strumento efficace di politica economica spiegando che usare i fondi pubblici per le rottamazioni sarebbe uno spreco. È vero che in tempi come questi nessuno si può permettere sperperi. Ma siamo davvero sicuri che degli incentivi mirati sarebbero danaro buttato al vento? E che non vi siano fattori tutti italiani che hanno reso l'argomento una di quelle questioni che non si possono affrontare imbracciando l'opera omnia di Milton Friedman e von Hayek?
Si può discutere il meccanismo della rottamazione da un punto di vista dell'ortodossia liberale, ma non si può negare che, almeno per il mercato automobilistico italiano, è diventato una costante delle scelte di governo e delle politiche produttive e commerciali delle aziende automobilistiche, oltre che una forte perturbazione delle decisioni di consumo: ogni volta che si parla di rottamazione, chi vuole comprare un'automobile ne rinvia l'acquisto all'approvazione degli incentivi. Una distorsione che danneggia tutti i produttori che vendono in Italia, non solo la Fiat. O la politica cancella una volta per tutte il tema dall'agenda o assume decisioni rapide e intellegibili. La rottamazione è anche una leva di politica industriale: discutibile e distorsiva, ma puntella un settore produttivo che in Italia non è solo Fiat, ma pure la rete fittissima della subfornitura e dell'indotto (le imprese meridionali di questa rete sono sull'orlo del collasso).
Inoltre non è vero che il "conto ambientale", come scrive Testa, renda nulli gli effetti degli incentivi sull'inquinamento. Tra le auto circolanti in Italia, una su dieci è stata immatricolata prima del 1993, quando le norme europee hanno cominciato a introdurre gli standard di protezione ambientale. E quasi la metà delle vetture sono state immatricolate prima del 1997. Non solo sono più inquinanti di quelle che si producono oggi, ma anche molto meno sicure.
Nel paradiso liberale i poteri pubblici farebbero bene a non ficcare il naso nel mercato, ma avrebbero comunque il dovere (e l'interesse, visto quanto costa l'insicurezza stradale in termini di spesa sanitaria e di mantenimento di un efficiente apparato di polizia e di soccorso) di incentivare comportamenti virtuosi, come la costruzione e l'uso di auto più affidabili.

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