13 luglio 2009

Privatizzatela

L’attacco di un deputato del Pd membro della commissione di vigilanza radiotv al vaticanista del Tg3 e il “richiamo formale” impartito dal direttore della testata Antonio Di Bella al suo redattore, reo di aver usato metafore irrispettose (maldestramente, a leggere la trascrizione – ma questa è altra colpa da quella che gli viene addebitata) in un servizio sul Papa, dimostra una volta di più che per sottrarre la Rai all’influenza dei partiti e all’autolesionismo conservatore dei suoi giornalisti non c’è riforma che tenga. Nessun board o consiglio di sorveglianza, ancorché gremito di saggi ed esperti indipendenti, può garantire un cambio di rotta. Per restituirla alle regole della corretta informazione e a una gestione sana ed efficiente, la Rai va privatizzata. Lasciando allo Stato solo un canale, senza pubblicità e senza canone, per le trasmissioni culturali e di interesse pubblico
Dopo la nomina del presidente, del capoazienda e del direttore del più seguìto telegiornale, il governo e i partiti non riescono ad accordarsi sulle altre caselle da riempire. In un clima simile, tutti i direttori (e gli aspiranti) sono costretti a mimetizzarsi (o a farsi vedere troppo) per avere qualche chance di conferma o di promozione. Capita così che Di Bella - pure artefice in questi anni di un buon notiziario - debba ricorrere a una specie di tric-trac rumoroso e inoffensivo, il plateale esercizio dell’azione disciplinare, per non urtare un pezzo della parte politica da cui dipendono le sue aspettative di carriera. Dimostrando che il direttore di una testata Rai finisce per comportarsi sempre nello stesso modo, quando è sub iudice e quando è stato appena nominato, come è accaduto al Tg1. E che, nell’azienda televisiva pubblica, non ci sono santi ed eroi.

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1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

come è possibile che la situazione finanziaria della rai sia ancora sostenibile, mentre in giro si taglia e licenzia? tutto a spese nostre? è uno scandalo

12:10 PM CET  

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